Nuova autostrada = nuove aziende?
Il comitato ARCA, come già espresso, non crede a questo binomio. Ci sono esempi, non lontano da noi come il Canal del Ferro, di aree che non solo nonostante nuove infrastrutture hanno visto diminuire il numero di abitanti e di attività produttive ma anzi, proprio a causa delle nuove infrastrutture, che le hanno tagliate fuori, hanno visto chiudere anche esercizi pubblici come alberghi o bar prima frequentati dalle persone di passaggio.
Ma supponiamo per un momento che a sbagliare siamo noi, supponiamo per un momento che nuove strade significhino nuove attività. Proviamo ora a calare questa supposizione nella situazione attuale e facciamolo prendendo spunto da tre articoli del Messaggero Veneto dell'8, del 9 e del 10 novembre scorsi. Il fatto che per tre giorni consecutivi si parli di nuove costruzioni e di crisi è già di per sé indicativo.
Ora la domanda è questa: anche supponendo che facendo nuove strade si dia vita a nuove attività perché mai un imprenditore dovrebbe sobbarcarsi il costo di costruire nuovi capannoni in zone periferiche quando ci sono molti capannoni, molti lotti liberi in zone più centrali? E poi, in questo periodo di crisi che dura ormai già da anni e che sembra non avere un'immediata soluzione, in questo momento in cui anche grosse aziende falliscono o spostano la loro produzione all'estero a causa della forte tassazione italiana, è veramente pensabile che una nuova autostrada porti una fioritura di aziende?
Ma supponiamo ancora che tutto vada come alcuni immaginano, supponiamo che degli imprenditore decidano di aprire nuove attività a Sequals (tra l'altro già ben servito) o a Pinzano, o a Forgaria: quante saranno? Quante persone di quei comuni ci andranno a lavorare? Nella zona artigianale di Lestans ad esempio la maggior parte dei lavoratori viene da altri comuni. E veramente c'è qualcuno disposto, in cambio di queste prospettive, a vivere in un ambiente paesaggisticamente deturpato, in un ambiente in cui l'inquinamento acustico e dell'aria raggiungerebbe e in alcuni casi supererebbe i limiti di legge (dati provincia di Pordenone relativi alla realizzazione della strada a due corsie Sequals-Gemona 18.000 transiti giornalieri contro la media di 38.000 dell'autostrada)? Chi in nome di queste prospettive sarebbe disposto a veder deprezzare anche drasticamente la casa per cui ha lavorato una vita intera o per cui sta ancora lavorando?
Possono questi ipotetici e incerti benefici giustificare i certi e comprovabili costi in termini di salute (studio ASL 13), di ambiente, di qualità della vita ed economici?