Territorio e agricoltura tra cambiamenti climatici e consumo del suolo
Riportiamo di seguito alcuni concetti che paiono di particolare rilievo per cominciare a riflettere sul futuro e sul modo di pensarlo.
La difesa dei beni comuni non è questione di nimby, la difesa dei bei comuni, in particolare del territorio, è questione di soppravvivenza.
Penso invece - continua Mercalli - a quanto è stato fatto solo per i giochi olimpici invernali, somma manifestazione del progresso... Si sono, ad esempio, costruiti resort su resort, senza che un euro di lavoro sia stato dato alle maestranze locali. In nome di un non ben precisato progresso vengono fatte scelte che non hanno nulla a che fare con il territorio, che non servono a un dato territorio. Ci sono cose che offendono la comune sensibilita delle persone, almeno delle persone dotate di un minimo di senso estetico. Viene a mancare l’armonia delle proporzioni. Quello che è il patrimonio della bellezza del passato che quasi stordisce, che tutto il mondo ci invidia, sembra non avere più valore.
Siamo in un mondo in cui ogni giorno sentiamo parlare di sviluppo sostenibile. Lo sviluppo sostenibile non è una cosa nuova da inventare, esisteva già 100 anni fa, è stato l’avvento delle energie fossili a cambiare le carte in tavola nell’uso delle risorse e dell’energia sul pianeta terra da parte dell’uomo quindi è relativamente da poco tempo che lo sviluppo è insostenibile.
La sostenibilità era un rapporto adeguato tra l'uomo e lo sfruttamento del territorio con l’agricoltura - non sono difensore della natura a spada tratta sono un difensore del rapporto equilibrato tra l’uomo e il suo territorio – la natura così com’è la possiamo vedere in qualche parco nazionale nel mondo, sono d’accordo vada preservata il più possibile ma per esempio in Italia sappiamo che tutto il territorio da ormai più di 2 millenni è sottoposto a interazioni notevoli con l’attività dell’uomo. In qualche caso è stato perfino migliorato ma il sistema attuale dei centri commerciali, è energivoro non può durare a lungo a differenza ad esempio delle cascine che rispettando il rapporto col territorio hanno storie anche millenarie.
Non dico che dobbiamo tornare alle cascine, ovvio, dobbiamo evolvere ma nell’evoluzione si deve tenere il buono del passato e rivisitarlo con quello che abbiamo capito. Non sottovalutiamo la devastazione di un patrimonio non rinnovabile: il suolo. Non vergognamoci del nostro passato, non accontentiamoci di parole. Per molti invece l’antica cascina oramai appartiene al passato è retrograda, è da buttare via in toto mentre il grande supermercato e quello che deve avanzare.
Oggi abbiamo il meglio delle possibilità teoriche oltre a camminare sulle spalle dei giganti perché abbiamo tutti 2500 anni di conoscenza del passato e facciamo delle schifezze e continuiamo a fare danni. C’è qualcosa che non funziona.
Il 7% del suolo italiano nel 2000 era impermeabilizzato (Corine Land Cover uso del suolo di tutta Europa) sembra poco ma, in chilometri quadrati rapportati alla grandezza dell’Italia, le cose cambiano.
In Italia non abbiamo tanto spazio, l’Italia ha 301.000 Km2, se dividete per i 60 milioni di abitanti fa circa 5.000 m2 procapite che è veramente poco, è un campo da calcio piccolo, non regolamentare, un campo da calcio regolamentare e circa 7.500 m2. Ma sono 5.000 m2 che contengono tutto, contengono un pezzo di montagna, sterile con pietraie, ghiacciai, contengono un pezzo di appennino con zone aride o poco utilizzabili, contengono una parte già edificata.
I suoli impermeabilizzati sono stati ovviamente quelli più comodi cioè quelli pianeggianti che sono però anche quelli più fertili. Per fortuna abbiamo molti pendii che non sono comodi da edificare, questo ci ha un po’ dato una mano, se fossimo un paese totalmente pianeggiante probabilmente avremmo coperto tutto. Il problema è che questo 7% lo abbiamo tolto ai suoli più fertili e quindi ci siamo privati di una risorsa fondamentale quella che serve per mangiare, per produrre cibo.
Dopo il 2000 sono intervenute leggi che hanno incoraggiato la devastazione dei suoli per motivi meramente speculativi, si è delegato ai comuni la scelta dell’uso del territorio, si sono tagliati i finanziamenti ai comuni dicendo che se li devono trovare e quindi favorendo la concessione di permessi per costruire in cambio di oneri di urbanizzazione che servono a volte per sostenere le spese correnti dei comuni. Questa è una cosa folle, equivale a una storia vera in Alto Adige: un personaggio decide di farsi tagliare la gamba da un amico con una motosega previa stipula di un’assicurazione sugli infortuni dicendo: " io ho fatto una bella assicurazione, con un alto premio, mi danno un miliardo se mi faccio male, andiamo nel frutteto, mi tagli la gamba, 500 milioni a te, 500 a me e poi anche con la stampella andiamo alle Maldive". L’amico accetta, prende la motosega, taglia la gamba, recide l’arteria femorale, l’amico crepa dissangauato in 5 minuti, uno è ancora in galera, l’altro è nel loculo.
I comuni stanno facendo esattamente così, stanno vendendo la loro gamba sana in cambio di un po' di soldi senza rendersi conto che restano solo con una gamba e poi, tagliata anche quella c’è un moncherino e basta. Eppure il processo dell’alienazione del suolo soprattutto di quello fertile, agricolo, quella sì che è un’assicurazione per il futuro, contro un po’ di denari raccogliticci che poi non tornano mai a casa perché si sa che gli oneri di urbanizzazione non sono mai pari ai problemi che generano e ai servizi che il comune dovrà erogare perché aumenteranno le macchile, le fognature - i cui costi ricadono nuovamente sui comuni cittadini - continua a ritmi sempre maggiori.
Sembrava che la lezione si fosse imparata dopo il boom economico degli anni '60-'70 su cui c’erano delle ragioni storiche, l’Italia usciva da una guerra, usciva da una situazione di ruralità diffusa e scarso benessere quindi diciamo che poteva essere fatto in un modo migliore, come già ci diceva Einaudi, però c’erano almeno delle ragioni profonde per farlo, tutti volevano un minimo di livello di vita.
Bisognerebbe prendere posizioni illuminate: da domani stop al cento per cento non si costruisce più un m2 sul suolo italiano almeno fino a che non si è dimostrato che si è utilizzato tutto l'esistente. Ristrutturazione sul vecchio e utilizzo del nuovo che sono vuoti.
La popolazione non cresce allora perché si ha un 2,3% di aumento delle costruzioni se la popolazione è stabile o addirittura in decremento? Perché le costruzioni non sono espressione delle necessità intrinseche del territorio ma sono soltanto frutto di scelte sbagliate a livello politico e finanziario.
La gente non si rende conto che si rischia la pagnotta perché noi viviamo sulla produzione alimentare da suolo. Nei terreni classe 8 non ci si fa nulla, quelli di classe 1 sono i migliori al mondo, la pianura Padana è quasi tutta in classe 1 e 2 ed è praticamente impermeabilizzata per il 34% della sua superficie, ci stanno togliendo le possibilità di sussistenza.
Se appena appena i costi del petrolio non permetteranno più di importare grandi quantità di alimentari, o se le variazioni climatiche andranno a incidere sui grandi bacini cerealicoli, potrebbe venire il giorno in cui invece che importare il cibo da altri paesi mentre noi allegramente impermeabilizziamo il nostro suolo, saremnmo chiamati a produrci il cibo da noi, si rischia di non riuscirci.
La politica dovrebbe accorgersi che ci stiamo mettendo in grossi guai invece nessuno fa nulla anzi, peggio, staranno firmando atti amministrativi che concedono nuovo suolo. Non abbiamo la necessità di costruire, è un suicidio nel vero senso della parola.
Ma sono io che dico di rispettare il protocollo di Kyoto a essere additato come invasato e profeta di sventura - ma il protocollo non l’ho fatto io, l’ha fatto tutto il mondo, è un’espressione dell’Onu -, ma sono io che dico di non consumare inutilmente suolo che vengo accusato di sindrome di nimby.