Giovedì 29 Dicembre 2011 14:22
comitato-arca.it
Il Comitato A.R.C.A., come spesso ricordato, non si propone solo di bloccare un progetto autostradale che cambierebbe per sempre la vita a misura d'uomo della pedemontana friulana, ma anche di collaborare con quanti lavorano per uno sviluppo sostenibile della zona.
Il nostro territorio offre bellezze naturali spesso sconosciute o comunque poco note che quindi vanno promosse, pubblicizzate al fine di renderle note non solo agli abitanti del Friuli ma anche oltre i confini regionali. La presentazione dell'opera di Tito Pasqualis può essere un'occasione per conoscere meglio le vallate del Friuli occidentale.
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Martedì 27 Dicembre 2011 13:34
comitato-arca.it
Ferma la banca che distrugge il territorio
(tratto da http://www.stopalconsumoditerritorio.it)
A cura di Roberto Cuda.
È pronta l'ipotesi di una campagna di pressione su Intesa Sanpaolo contro le nuove autostrade lombarde, proposta dalla Rete dei Comitati Civici, dal Movimento Stop al Consumo di Territorio, dal Coordinamento Nord Sud del Mondo.
Questa campagna nazionale intende aprire un confronto tra i cittadini italiani e gli istituti di credito attivi nel finanziamento di nuove grandi opere. In un periodo caratterizzato dall'evidente segnale di una crisi economica e sociale di "sistema", che obbliga tutti noi allo sforzo di identificare un nuovo modello di gestione del presente e del futuro, abbiamo ritenuto che le azioni sviluppate a difesa dei paesaggi, dei territori e dei beni comuni nei confronti delle sensibilità degli amministratori locali (che qualche importante risultato inizia a far intravvedere), dovessero essere affiancate da una specifica richiesta di "cambiamento" anche al mondo dei finanziatori di nuove impattanti opere (particolarmente anacronistiche in questo momento storico). Nasce così questo approfondito dossier e la proposta ai cittadini di sollecitare la propria banca (finanziatrice di grandi opere) ad abbandonare questo suo essenziale ruolo, pena lo spostamento dei loro conti correnti verso istituti di credito più attenti ai diritti e ai bisogni collettivi. Questa campagna non è contro il profitto, ma per impedire che il profitto di pochi distrugga la base della vita di tutti.
Perché ancora strade?
8.200 morti nelle 13 principali città italiane, di cui 7.000 solo nella pianura padana secondo il Centro europeo ambiente e salute Oms (dati dell’Agenzia europea per l’ambiente, febbraio 2011), 50.000 morti all’anno in tutta Italia secondo il Programma Clean Air for Europe della Commissione Europea (febbraio 2011), quasi mille morti all’anno solo nella città di Milano. E potremmo continuare. Qualunque sia la fonte, il metodo applicato e il numero complessivo di vittime, è evidente che siamo di fronte ad una vera e propria strage. I numeri sono certamente quelli di una guerra, ma stavolta l’ecatombe è provocata da un killer molto più silenzioso e impalpabile: l’inquinamento atmosferico. Responsabili sono sostanze chimiche come monossido di carbonio, piombo, idrocarburi policiclici aromatici, benzene e le famigerate polveri sottili (Pm10). Esse provengono dalle industrie, dai riscaldamenti delle nostre case e soprattutto dai trasporti, che da soli producono il 34,7% del Pm10, il 55% del benzene, il 51,7% degli ossidi di azoto e il 43,1% del monossido di carbonio (Legambiente, Mal’aria di città 2011).
Ma se questo è il problema, i nostri amministratori dovrebbero adottare misure che riducano il trasporto privato su gomma e promuovano l’uso della ferrovia, come sta avvenendo in tutta Europa. In Italia, invece, i nostri governi continuano a spendere miliardi di euro per costruire grandi arterie stradali ed autostradali, anche in territori già densamente popolati e infrastrutturati. Una scelta miope e irresponsabile e uno spreco di denaro pubblico, ben sapendo che tra pochi anni il petrolio sarà in via di esaurimento, mentre mancano risorse per le scuole e gli ospedali. Eppure l’Italia avrebbe bisogno più di altri di scelte decise contro l’inquinamento (siamo anche ai primi posti per numero di automobili rispetto alla popolazione) almeno per ridurre i ritardi accumulati. Infatti da sei anni è in vigore il Protocollo di Kyoto - un trattato internazionale che punta a ridurre le emissioni di gas che alterano il clima e prevede pesanti sanzioni per i paesi che non lo rispettano – ma l’Italia si è distinta per una clamorosa inadempienza: mentre l'Europa ha ridotto le proprie emissioni del 2,2% (la Germania del 18,1%) il nostro paese le ha aumentate del 9,9%, quando avrebbe dovuto ridurle del 6,5%. (Legambiente Lombardia, Le nuove autostrade lombarde non portano a Kyoto, dossier 2009).
In questo contesto la Lombardia spicca per l’arretratezza delle sue politiche sulla mobilità e, invece di seguire l’esempio di regioni avanzate come l'Ile de France, la Ruhr, la Greater London o la regione di Madrid, che hanno investito nel trasporto su ferro, continua a inseguire lo stesso modello degli anni ’60, quando il nostro paese viveva per la prima volta l’avvento della motorizzazione di massa. Oggi, casi emblematici di questa di obsoleta politica sono le grandi infrastrutture lombarde, prime fra tutte la Pedemontana, la Bre.be.mi., la Tangenziale Est Est Milano (Tem) e l’autostrada Cremona-Mantova, che abbiamo preso ad esempio di una strategia che sta impattando pesantemente sul delicato equilibrio ambientale e sulla nostra salute. E’ lo stesso modello che sta portando ad un consumo dissennato del territorio, a cementificazioni selvagge e all’impoverimento delle risorse naturali primarie.
Al tempo stesso assistiamo a una profonda crisi della rappresentanza politica e a un grave scollamento tra istituzioni e società civile, laddove i partiti al potere rispondono sempre più agli imperativi dei gruppi economici che li sostengono.
A queste scelte distruttive – alimentate da potenti interessi economici e finanziari - bisogna porre un freno, chiamando a raccolta tutte le associazioni, i gruppi, i comitati, i singoli cittadini, le forze sociali e politiche. Per questo occorre organizzarsi con forme di pressione democratiche e nonviolente, ma efficaci, che pongano un limite alla distruzione del territorio.
Una via da percorrere, accanto ai tradizionali percorsi istituzionali (petizioni, ricorsi, manifestazioni, ecc), è quella dell’obiezione finanziaria. Non dobbiamo dimenticare che la realizzazione di grandi opere è resa possibile dal sostegno finanziario di grandi banche, che spesso entrano anche nella compagine azionaria delle società concessionarie. Allora, considerata l'insensibilità della classe politica, perché non fare leva proprio sugli istituti di credito, che operano grazie ai nostri soldi? Perché permettere che i nostri risparmi vengano utilizzati per finanziarie progetti distruttivi?
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Venerdì 16 Dicembre 2011 12:33
comitato-arca.it
Anche persone più competenti di noi stanno sostenendo la nostra stessa tesi: molte opere, soprattutto se gestite da privati, sono pure speculazioni, non guardano in faccia a niente e a nessuno e la distruzione del territorio significa distruzione del nostro bene più prezioso.
IL TARLO DEL CEMENTO CHE DIVORA IL BELPAESE
La tempesta dei mercati e le incapacità del governo concorrono a creare un’aria di crollo imminente che incrementa il peggior cinismo speculativo nei territori
SALVATORE SETTIS da Repubblica 13 agosto 2011
Finalmente Monna Lisa arriva a Firenze. È questo, infatti, il nome dell'enorme fresa d'acciaio che scaverà sotto la città per realizzare sei chilometri di passante Tav e una nuova stazione ferroviaria. Lo dice il sito di Coopsette, il raggruppamento di imprese che si è aggiudicato l'appalto: l'arrivo della fresa in cantiere è previsto per ottobre.
La "talpa" avanzerà di 15 metri al giorno alla profondità di 25 metri, insinuandosi tra l'altro sotto la Fortezza da Basso di Antonio da Sangallo.
Arrivando invece del quadro di Leonardo vanamente reclamato da incauti assessori, questa Monna Lisa meno sorridente e più ingombrante farà egualmente felici Provincia, Comune e Regione, che il 3 agosto hanno firmato a Roma, con le Ferrovie e il ministro Matteoli, l´accordo per il via ai lavori. Il progetto della stazione è di Norman Foster, ma il suo prestigio non basta a garantire la bontà dell'operazione, visto che a lui si deve anche il progetto del quartiere di Santa Giulia a Milano, i cui cantieri sono stati sequestrati perché posti sopra un gigantesco deposito illegale di scorie cancerogene provenienti da stabilimenti dismessi (viene in mente l´amara riflessione di Giancarlo De Carlo sul «fenomeno della copertura professionale» di grandi architetti in occasione di operazioni speculative).
A Coopsette si devono anche i lavori della stazione Tav di Roma-Tiburtina, che verrà inaugurata in ritardo dopo il devastante incendio di cantiere del 24 luglio. Fra le partecipate di Coopsette c´è Milano Logistica Spa, partecipata al 50% da Argo, società del gruppo Gavio, uno degli azionisti principali (con Ligresti e Benetton) di Impregilo. L'ad di Impregilo è stato appena assolto in appello dalle gravissime accuse di disastro ambientale sulla tratta Bologna-Firenze (dove l'impresa partecipava al 75%): nel 2009 il tribunale di Firenze lo condannò, con altri 26 imputati, per aver inquinato con sostanze tossiche 24 corsi d´acqua e prosciugato 81 torrenti, 37 sorgenti, 30 pozzi e 5 acquedotti. Anche sul tunnel di Firenze pesano gravi dubbi, come risulta da un esposto di Italia Nostra. Il Genio Civile di Firenze ha contestato il 19 luglio l'adeguatezza delle indagini sul rischio sismico, che «non sembrano possedere i requisiti richiesti dalle Nct 2008», cioè dalla normativa antisismica in vigore. Inoltre,prosegue Italia Nostra, i materiali risultanti dallo scavo (tre milioni di metri cubi) sono destinati alla miniera abbandonata di Santa Barbara in comune di Cavriglia (Arezzo), che però non è una discarica autorizzata. Per di più, i due terzi del materiale sono "rifiuti di perforazione", classificati col codice Arpat 010599, che non esclude la presenza di sostanze inquinanti o tossiche, che metterebbero a rischio in particolare il lago di Castelnuovo, adiacente alla miniera di Cavriglia.
Di rifiuti, Impregilo se ne intende. Oltre a cospicue opere pubbliche, fra cui il Ponte sullo Stretto, questa impresa ha infatti la concessione in toto della gestione dei rifiuti in Campania, coi metodi e i risultati a tutti noti e ben esposti nel libro Ecoballe (2008) di Paolo Rabitti, perito della Procura di Napoli, e ora anche da Antonio Polichetti, nell´ottimo Quo vadis, Italia? (La scuola di Pitagora, Napoli 2011); per non dire del "sistema Commissariato-Impregilo-Camorra" bollato da Adriano Sofri in questo giornale (28 giugno). Rischio sismico malcalcolato e dubbia gestione dei rifiuti dovrebbero essere ragioni sufficienti per qualche prudenza sul "passante fiorentino" e sulla stazione di Foster: ma questa non è la stagione della prudenza e delle attese. Al contrario, la tempesta dei mercati e le incapacità del governo concorrono a creare un´aria di crollo imminente che non solo mette fretta alle istituzioni, ma incrementa il peggior cinismo speculativo, e non solo in borsa ma nei territori. Qualche esempio, come in un bollettino di guerra che vede ogni giorno nuove devastazioni del paesaggio, nuovi crimini contro l'ambiente in nome del profitto d´impresa. Con un blitz estivo, la giunta leghista di Treviso ha raddoppiato il territorio agricolo cementificabile, portandolo a 338 mila metri quadrati: mossa irresponsabile in una città in cui il 40% del costruito negli ultimi anni risulta invenduto. A Milano continuano indisturbati gli scavi per un parcheggio sotto la basilica di Sant'Ambrogio, dato che (pare) il Comune teme di dover pagare una qualche penale alle ditte interessate: ma oltre ai soldi, ci sono anche moralità, dignità, decenza. Più alto di qualsiasi penale (ammesso che una ve ne sia) è il prezzo che Milano pagherebbe danneggiando uno dei massimi santuari della cristianità e l'immagine della città. Nel mirabile sito archeologico di Sepino in Molise si vuol collocare un vasto parco eolico calpestando il vincolo paesaggistico e il provvedimento cautelare del tribunale di Campobasso; singolarmente anzi, in presenza di un´azione penale, il Consiglio di Stato sembra voler dare una mano all'impresa contro la Soprintendenza. A Cecina in Toscana, su una costa già funestata da cementificazioni, si minaccia di cancellare dune e pinete per aggiungere un nuovo "porto turistico" a quelli che sorgono, semivuoti, a pochi chilometri di distanza. Dalle Alpi alla Sicilia, tutto è ridotto a terreno di caccia per i professionisti della razzia, mentre le pubbliche istituzioni che dovrebbero tutelare il bene comune e l'interesse della collettività somigliano sempre più spesso a comitati d´affari, intenti ad aggirare le leggi per favorire chi divora il paesaggio.
In questa corsa al saccheggio, il confine fra le parti politiche si attenua talvolta fino a sparire. Il pessimo "piano casa" della regione Lazio, approvato in questi giorni con la complicità di frange di "sinistra", è stato subito accusato dal ministro Galan di palese incostituzionalità (illecito condono edilizio, raddoppio della cubatura nelle aree vincolate, sgangherate deroghe alla pianificazione paesaggistica): possiamo sperare che dai Beni culturali arriveranno sanzioni altrettanto severe agli altri "piani casa" regionali, dal Veneto alla Sardegna? Sarebbe una degna risposta alla proposta di Confculture di chiudere il ministero, passando i Beni Culturali fra le competenze del ministero dello Sviluppo (V. Emiliani, L'Unità, 11 luglio), cioè monetizzando patrimonio culturale e paesaggio in dispregio non solo di ogni competenza specifica, ma della Costituzione.
L'assalto alla diligenza a cui stiamo assistendo è senza precedenti, anche se insiste nell'abusata retorica degli ultimi trent'anni: i "giacimenti culturali", l'espansione edilizia senza regole e senza fine come cura della crisi. Eppure dovremmo esserci accorti che perseguire (a destra come a "sinistra") questo modello ha contribuito a portarci nel vicolo cieco in cui siamo. Secondo la Cnn (5 agosto) «l'economia italiana cresce allo 0,3% annuo, e così sarà nei prossimi anni: un tasso fra i più bassi al mondo, che si unisce all'enorme debito pubblico, fra i più alti al mondo. Perciò l'economia italiana non è in grado di generare risorse sufficienti a ripianare il debito». A questo siamo giunti inseguendo l'idea perdente dell'edilizia come motore primario dell'economia, incoraggiandola con un´ondata di piani-casa, col "silenzio-assenso", con condoni e sanatorie in materia urbanistica, paesaggistica e ambientale. Sarebbe tempo di capire che ogni degno progetto per l´Italia dovrà far perno sul rigoroso rispetto della nostra massima risorsa, patrimonio e paesaggio, per investire sul futuro anziché cannibalizzare il presente.
Mercoledì 07 Dicembre 2011 18:36
comitato-arca.it
Tratto dal film di Nicola Dall'Olio Il suolo minacciato
Luca Mercalli Climatologo e Presidente Società Metereologica Italiana
Se l’espansione edilizia degli anni '60-’70, del dopoguerra era giustificata dal tentativo di un paese prevalentemente rurale di avere la sua parte di benessere, paradossalmente oggi, negli anni 2000, è del tutto ingiustificato questo nuovo attacco al suolo che si sta consumando. Non abbiamo più delle necessità pressanti di tipo sociale e quindi abbiamo avuto un consumo di suolo veramente dettato solo da motivazioni speculative.
La legislazione quindi che ha privilegiato lo sviluppo costruito solo a base di calcestruzzo e non su altri filoni, che pure potevano avere una forte vocazione, ha fatto sì che ogni comune abbia voluto la propria zona industriale [ed artigianale] inizialmente per motivi di ipotetico prestigio, 30 anni fa avere la zona industriale era sinonimo di riscatto sociale, di paese moderno, oggi non è più solo questo, è anche un modo per fare cassa.
Questo assalto ai beni comuni è anche tragicamente la constatazione di un fallimento culturale. Un popolo che ama veramente il proprio Paese, che lo conosce, che conosce il proprio territorio, che ne comprende quelle che sono le eredità storiche e ha un progetto di futuro non avrebbe mai fatto tutto ciò per un pugno di monete. Il fallimento culturale è un Paese che vede intanto nell’agricoltura un qualcosa da nascondere, un qualcosa di cui vergognarsi. Il fatto di sentire l’agricoltura come qualcosa di marginale come qualcosa di non moderno, di non interessante anche ai fini economici, dello sviluppo del futuro, fa sì che le persone abbiano più facilmente alienato il loro bene suolo, vedendone una possibilità rapida di disfarsi di un passato ingombrante.
In Italia la cementificazione è un fenomeno molto gravoso anche perché è un Paese dalle dimensioni particolarmente modeste. L’Italia ha un territorio di 301 mila Km quadrati di superficie totale di cui però oltre il 40% è territorio montuoso. Se consideriamo le aree agricole e di pregio scopriamo che una buona parte di queste aree è stata edificata. Nel 2000 il 7% di territorio era edificato (non esiste un censimento aggiornato dell’uso del territorio nazionale). Si assiste alla costruzione di nuovi capannoni che molto probabilmente rimarranno inutilizzati, nuove infrastrutture viarie che produrranno nuovo traffico, nuovo inquinamento, produzione di rifiuti, il tutto senza un progetto preciso a scala territoriale vasta [nel nostro caso non si tiene conto della costruzione della terza corsia della A4].
La cementificazione del territorio è un fenomeno assolutamente italiano che pesca nella torbidità degli interessi locali e, a scala maggiore, senza tener conto di nessuno degli altri elementi di equilibrio nella gestione del territorio. I capannoni [la cementificazione] oggi non sono un’espressione di esigenze locali ma semplicemente un’espressione della rapacità di uso rapido di una risorsa per fabbricare denari. Spesso le opere costruite devastano il paesaggio, limitandone anche la fruizione turistica nonché la qualità di vita degli abitanti stessi. Le opere non sono più calibrate sulle reali necessità del territorio.
Se una cosa è limitata sul pianeta è la terra e ancor più la terra fertile. Il rispetto che dobbiamo al suolo è enorme e non dobbiamo esaurirlo con processi che lo consumano per sempre. La cementificazione è uno di questi.
Carlo Petrini Presidente Slow Food
Visto il basso interesse che l’agricoltura ha nel PIL non abbiamo [in Italia] pensato di difendere il comparto dell’agricoltura locale ma questo errore lo pagheremo caro perché nel momento in cui (anche per motivi energetici) diventerà essenziale rilocalizzare l’agricoltura, noi ci troveremo senza spazi adatti. [La rilocalizzazione dell’agricoltura infatti diventerà indispensabile in quanto il costo dei carburanti renderà impossibile continuare a trasportare i generi agricoli da uno Stato all’altro, da un continente all’altro come si sta facendo ora. Al giorno d’oggi infatti continuiamo a sottrarre terreno all’agricoltura in Italia e contemporaneamente cerchiamo terreno da coltivare nei Paesi emergenti].
Edoardo Salzano Urbanista
Sviluppo significa tante cose. Può avere significato positivo o negativo, lo sviluppo della capacita di comprendere da parte di una persona è sicuramente un elemento positivo, lo sviluppo di una malattia è un elemento negativo. Adesso invece sviluppo è sempre inteso positivamente e si intende sempre sviluppo economico. Il misuratore dello sviluppo è il PIL. Sapete che il PIL aumenta se c’è un incidente di automobile? Perché più incidenti ci sono più macchine si devono riparare, più macchine si devono costruire; una costruzione abusiva aumenta il PIL due volte, primo perché viene costruita secondo perché viene demolita. Misurare lo sviluppo della civiltà attraverso il PIL è la peggiore bestemmia che si possa fare contro l’umanità.
Bisogna far rinascere il pensiero critico che si è spento. Le persone accettano le cose come inevitabili, come sempre esistite, non è così.
La storia non è sempre esistita, la storia la scriviamo noi. La storia che conosciamo è l’unica storia che è avvenuta, ma non è l’unica che era possibile. E così noi oggi dobbiamo sapere che possiamo cambiare le cose ma prima di cambiarle dobbiamo capire che cosa le cose sono, perché succedono, dopodiché dobbiamo lavorare come cittadini. Chi decide l’uso del territorio secondo la legge sono i comuni, le regioni quindi sono i cittadini in ultima istanza perché sono loro che eleggono i loro rappresentanti. Ora benché la democrazia sia in crisi, sia una democrazia largamente imperfetta, quella in cui viviamo, i suoi strumenti vanno usati assolutamente e bisogna incalzare i politici a fare piani urbanistici [e infrastrutturali] seri che risparmino suolo, che consentano di costruire solo là dove è strettamente necessario per esigenze sociali dimostrate, argomentate, documentate. Non si costruisce dove ci sono case o capannoni vuoti, dove ci sono aree urbanizzate (infrastrutture) che possono essere utilizzate. Negli anni ’60-’70 gli strumenti per un uso saggio del territorio sono stati fatti.
La cosa che è essenziale avere è l’amore per la terra, la terra vergine è un bene, la terra così com’è, lavorata dal verme che la rende permeabile, la terra elemento del ciclo del quale noi stessi siamo parte e in assenza del quale noi saremmo scomparsi e noi scompariremo come umanità se questo modo di procedere va avanti. Beh, la terra in sé, la terra vergine, la terra libera, la terra non utilizzata è un bene prezioso e dobbiamo imparare ad amarla.
Il territorio è usato esclusivamente per costruire, è merce per costruire, è come la calce, il cemento, il mattone. È un elemento che non è considerato di per sé, per la sua qualità, nella ricerca della migliore utilizzazione, l’unico obiettivo del territorio è consentire a qualcuno di costruire qualcosa che abbia un valore di mercato. Una volta il territorio era considerato per ciò che dava, per i suoi prodotti agricoli, per la sua fertilità, per la sua bellezza, oggi il territorio è semplicemente uno strumento per costruire anche cose spesso inutili.
Uno sviluppo "diverso", più rispettoso del territorio e del suolo, è possibile e questa alternativa dipende in ultima istanza dalle scelte e dal volere dei cittadini.
Nicola Dall’Olio WWF Emilia Romagna e ASPO (Associazione per lo Studio del Picco del Petrolio)
Poter contrastare il consumo di suolo è anche una questione culturale; bisogna creare consenso, bisogna sensibilizzare le persone perché molta gente vive dentro, vede queste trasformazioni continuamente tanto che non si rende quasi neanche conto di quanto si sta imbruttendo il territorio. Questi interventi vengono giustificati con la prospettiva di sviluppo. Una cosa da fare quindi è disinnescare l’ideologia che lo sviluppo possa essere solo di un certo tipo e che possa andare solo in una direzione praticamente in una logica binaria: o è cosí oppure è arretratezza. Bisogna fare vedere che esistono modelli alternativi. Il suolo è una risorsa non rinnovabile, prezziosissima e scarsa a livello globale.
Consumare suolo qua (in Italia) significa ridurre la nostra capacità produttiva e ridurla a livello globale per cui non è solo questione di stare in un bel posto, c’è anche la responsabilità di una risorsa che serve a tutta l’umanità. Consumare suolo qua significa che in qualche parte deve essere sostituito, deve essere compensato ed è quello che sta accadendo. La maggior parte degli allevamenti sono alimentati con soia e mais, quasi sempre transgenici, che provengono dall’Argentina e dal Brasile ed è uno dei più grossi meccanismi di deforestazione in moto in questo momento. Da noi non c’è abbastanza suolo per reggere il nostro settore zootecnico, non c’è abbastanza suolo neanche per spargere i liquami per cui, in alcune zone, accade che ci siano problemi con le falde. Consumare suolo qua significa intaccare la foresta amazzonica.
Il picco del petrolio o c’è già o è alle porte dopo di che la produzione di petrolio comincerà a declinare come in molte zone del mondo è già avvenuto. Questo significa che avremo più richiesta di suolo non solo per scopi alimentari ma anche per la biochimica [per nuove fonti di energia]). Non potremmo neanche più sostenere un sistema di alimentazione e di importazione cosí globalizzato come questo, ma dovremo recuperare delle filiere corte, delle filieri locali ma se il territorio non c’è andremo a perdere un’occasione economica, di benesse e di qualità di vita indispensabile per il futuro.
Vai a uno spezzone del film
Lunedì 14 Novembre 2011 22:56
comitato-arca.it
Mercalli e Violino: attenzione al consumo dissennato di terrirorio
Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica italiana, meteorologo in vista nello scenario televisivo italiano, per la sua pluriennale partecipazione a Che tempo che fa - trasmissione cult di Fabio Fazio - il giorno 11 novembre 2011 è intervenuto al convegno, tenutosi a Gemona, sul tema Territorio e agricoltura, tra cambiamenti climatici e consumo del suolo.
A distanza di pochi giorni dalla presentazione a palazzo Tadea a Spilimbergo del decimo numero della rivista «Tiere furlane», sembra quindi esserci una prosecuzione ideale di quanto già l’assessore all’agricoltura Claudio Violino aveva sostenuto nel suo editoriale dal titolo Plui salams e mancul stradis. La convergenza degli interventi di Mercalli e Violino sottolinea come la preoccupazione per il consumo dissennato di territorio sia trasversale e sia posto al centro degli interessi di due personalità che, partendo da competenze e ruoli diversi, giungano alla stessa conclusione: il territorio non è un bene inesauribile e una volta cementificato è perso per sempre.
Martedì 08 Novembre 2011 18:06
comitato-arca.it
La mostra "Liberafiumi" allestita dal WWF all'Università di Udine spiega origine e cause delle alluvioni
15 pannelli per spiegare la fragilità degli ecosistemi fluviali e la pressione antropica a cui sono stati costretti.
Al Polo dei Rizzi fino a sabato 12.
Presso la sede universitaria di Udine in località Rizzi viene allestita dal Wwf Fvg una mostra in occasione della Settimana Unesco dedicata al tema dell’acqua, per spiegare origini e cause di eventi che ormai sembrano destinati a ripetersi sempre più frequentemente. “La mostra “Liberafiumi” - realizzata dal Wwf Italia in occasione dell’omonima campagna che nel corso del 2010 ha censito 29 fiumi italiani (fra cui anche Tagliamento e Arzino) per valutarne lo stato di salute - racconta, con testi e immagini fortemente esplicative ed evocative, i fenomeni di pressione antropica a cui sono stati costretti negli ultimi anni i corsi d’acqua del nostro Paese”.
“I fiumi, inquinati e imbrigliati, sono ormai considerati solo un pericolo - si legge nel primo dei 15 pannelli che rimarranno visibili al pubblico per tutta la settimana in corso -. Da sempre, sono utilizzati, sfruttati, regimati dall’azione dell’uomo; è, però, in questi ultimi decenni che hanno subito il colpo di grazia: sono stati canalizzati, “cementificati” e ne sono stati distrutti gli ambienti ripariali; mentre le aree di esondazione naturale sono state occupate da coltivazioni intensive, centri abitati e insediamenti industriali”. […] “Durante i periodi di forti piogge, i corsi d’acqua si gonfiano sempre più velocemente rispetto al passato, l’erosione del letto aumenta e i picchi di piena sono spesso repentini e non lasciano scampo; i danni sono sempre più ingenti e, purtroppo, anche le vittime di queste catastrofi “non naturali” sono sempre più frequenti”.
La mostra non si limita però a fotografare lo stato di salute dei nostri fiumi, ma avanza proposte di riqualificazione e gestione sostenibile. […] Prima fra tutte, il WWF da anni propone una rinaturazione diffusa dei nostri corsi d’acqua per ridurre il rischio idrogeologico (in primis restituire ai fiumi le naturali aree di esondazione), riqualificare le fasce fluviali, migliorare la qualità delle acque, avviare una gestione coordinata ed integrata a livello di bacino idrografico: per ognuna di queste azioni la mostra “Liberafiumi” documenta, anche fotograficamente, lo stato attuale dei nostri fiumi e le buone pratiche che invece potrebbero essere messe in atto, anche per preservare lo straordinario patrimonio di biodiversità che caratterizza questi ambienti, tra i più vulnerabili e in grave crisi.
Mercoledì 02 Novembre 2011 14:56
comitato-arca.it
Comunicato
Dispiace molto constatare come alcune persone non siano capaci di rapportarsi civilmente con idee diverse dalle loro.
Gli incontri informativi con la popolazione, organizzati dal Comitato ARCA, sono pensati per rendere noti i dati reperiti sui documenti della Regione riguardo il progetto di raccordo autostradale Cimpello-Sequals-Gemona.
Tutte le informazioni fornite, siano dati numerici o caratteristiche del tracciato, sono rigorosamente tratte dai documenti; gli incontri quindi mirano a intavolare un dialogo costruttivo con tutti, anche e forse soprattutto con chi all'autostrada dice di essere favorevole.
Non chiediamo a nessuno di pensarla come noi in fiducia, forniamo, dati alla mano, solo alcuni spunti di riflessione sulle tante incongruenze trovate nei documenti.
Spetta al singolo prendere le proprie decisioni in quanto anche le idee diverse dalle nostre devono essere rispettate. Ma non si può prendere una posizioni a priori, senza prima sapere di cosa si sta parlando veramente.
Alcune amministrazioni locali minimizzano l'impatto che l'autostrada avrà sul nostro territorio e sulle nostre vite, a volte ci rassicurano sostenendo che alcune cose possono essere sistemate anche quando i documenti dicono tutt'altro.
Noi siamo in grado di dire in quale allegato si trova ciò di cui stiamo parlando ed è anche per questo che siamo aperti al dialogo e al confronto, oltre al sempre doveroso rispetto delle posizioni altrui.
Ci risulta quindi difficile comprendere le azioni di quanti strappano le locandine affisse di volta in volta nelle località in cui vengono organizzati gli incontri.
Esprimere il proprio dissenso verso la nostra posizione non può trasformarsi nella distruzione dell'impegno di quanti intendono pacatamente e civilmente tutelare il proprio territorio. Dovrebbe passare attraverso il confronto franco e diretto e non attraverso azioni di boicottaggio che nulla hanno a che vedere con il senso civico che dovrebbe muovere ciascun cittadino a prescindere dalla propria posizione rispetto a un progetto di cui in genere si sa poco e che, comunque lo si interpreti, modificherà radicalmente questa parte di Friuli.
Lunedì 12 Settembre 2011 14:13
comitato-arca.it
Prossime attività del Comitato
Il nome ARCA Assieme Resistiamo Contro l'Autostrada - La pedemontana rivive, indica la volontà di opporsi alla costruzione dell'autostrada Cimpello-Gemona, ma anche di formulare proposte concrete per uno sviluppo sostenibile del territorio pedemontano. In quest'ottica le prossime attività del comitato saranno:
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- l'ampliamento e il rafforzamento dei rapporti instaurati con le amministrazioni locali, con cui si avvierà un tavolo di studio sulle ipotesi di sviluppo
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l'avvio di una serie di incontri con la popolazione locale per illustrare la natura e le caratteristiche del progetto dell'autostrada Cimpello-Gemona e per aprire un dibattito sul progetto stesso e sulle prospettive di sviluppo della pedemontana
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la collaborazione col Comune di Pinzano per organizzare un convegno sul Tagliamento e sull'ossario di Pinzano (con la presenza di vari relatori tra cui una ricercatrice del King's College di Londra).
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Poiché il Tagliamento, in quanto ultimo fiume alpino rimasto morfologicamente intatto, richiama comunità di studiosi da tutto il mondo (dal Canada al Giappone), è stata inserita la traduzione in lingua inglese della petizione per consentirne la sottoscrizione a quanti, anche di lingua non italiana, sono interessati alla sua salvaguardia. In futuro, per lo stesso motivo, verranno tradotti anche alcuni altri documenti.
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Continua la raccolta di adesioni al comitato e di firme per la petizione.
I numeri sono in costante aumento: il comitato conta oltre 250 iscritti e quasi 600 persone hanno già firmato la petizione.
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Domenica 19 Giugno 2011 13:06
comitato-arca.it
Il Tagliamento: "Per ora"... Ancora
Il cinemateatro sociale di Gemona, in collaborazione con la Cineteca del Friuli, martedì 21 giugno presenta gratuitamente il documentario "Il Tagliamento un fiume da amare e da rispettare" di Rino Della Bianca e Archimede Martinis, realizzato in collaborazione con le associazioni Auster Alto Friuli e Assieme per il Tagliamento.
Il filmato tiene incollati allo schermo per circa un'ora a contemplare panorami mozzafiato, in cui si muovono circospetti caprioli, volpi, cinghiali, tassi ma anche cigni, aironi, gru ed altre specie di uccelli per i quali il Tagliamento costituisce un chiaro segnavia e una tappa essenziale nelle rotte migratorie; e poi salici, pioppi, querce e ontani, alberi a volte imponenti sotto i quali sbocciano svariati fiori ed orchidee di rara bellezza.
Alla proiezione seguirà l'incontro con gli autori, nel corso del quale una rappresentanza dell'ARCA presenterà brevemente l'azione del gruppo e le problematiche connesse al passaggio della futura autostrada dentro l'area golenale del Tagliamento.
Invitiamo tutti a promuovere questo incontro.
Domenica 19 Giugno 2011 12:36
comitato-arca.it
Incontro a 5 stelle
Giovedì 16 giugno un gruppo di rappresentanza dell'ARCA si è recato ad Amaro per un incontro promosso dal Movimento Cinque Stelle allo scopo di aprire un tavolo di confronto tra i vari comitati sorti in regione per la salvaguardia dell'ambiente contro progetti ritenuti molto dannosi.
Questi gruppi lavorano in zone diverse per bloccare varie opere, ma sono legati da obiettivi comuni: fermare investimenti su lavori faraonici spesso inutili, coinvolgere le comunità locali incontrando la gente e spiegando le ragioni, individuare e proporre alternative meno dispendiose ed ecosostenibili.
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Mercoledì 30 Marzo 2011 09:33
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Nasce A.R.C.A - La pedemontana rivive
È ora pienamente operativo il comitato che si è recentemente costituito a Forgaria per contrastare la progettata costruzione dell'autostrada Cimpello-Sequals-Gemona. Nel giro di due settimane dalla sua nascita il comitato ha raccolto più di duecento adesioni, pervenute da tutta la Val d’Arzino, ma anche da numerosi cittadini corregionali, allarmati dalla prospettiva di un’opera che, per servire esigenze prevalentemente extraregionali, comprometterà definitivamente l’integrità paesaggistica e naturalistica del corso mediano del Tagliamento.
Nei giorni scorsi a Forgaria è stato istituito un direttivo allargato a oltre 30 membri, suddiviso in diverse commissioni operative, che ha nominato una triade di presidenza a simbolica rappresentanza dei tre comuni più pesantemente colpiti dal progetto: come presidente è stato eletto, infatti, Alberto Durì di Forgaria, mentre i vicepresidenti sono Emanuele Fabris di Pinzano e Romeo Faleschini di Vito d’Asio, già componente del direttivo dello storico Comitato contro lo sbarramento di Pinzano.
Il direttivo ha anche stabilito che il comitato si chiamerà ARCA (Assieme Resistiamo Contro l’Autostrada) – la Pedemontana rivive. Secondo il nuovo presidente, Alberto Durì, la scelta del nome vuole richiamare l’idea di una scialuppa di salvataggio contro un pericolo incombente, che raccolga le istanze, le proposte, le positività espresse dai cittadini della Val d’Arzino e della pedemontana tutta, per traghettarle verso un nuovo inizio di sviluppo sostenibile, rispettoso della natura e ritagliato sulle esigenze degli abitanti del luogo.
La prima iniziativa del comitato sarà quella di incontrare e offrire formalmente la propria collaborazione alle tre amministrazioni comunali di Pinzano al Tagliamento, Vito d’Asio e Forgaria nel Friuli, già presenti nelle persone dei sindaci a salutare l’assemblea costitutiva del comitato.
Per contatti: Stefania Garlatti-Costa cell. 388-613 0212.
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